COS
La tenuta COS è fondata nel 1980 da tre amici, studenti di architettura e medicina, appassionati di vino. Originari della provincia di Vittoria, acquistano una vecchia tenuta e diventando i...Mostra di più
Azienda agricola COS, viticoltori di Vittoria: l’anticonformismo in ossequio al passato
L’azienda agricola COS, situata a Vittoria, nel cuore della denominazione Cerasuolo di Vittoria, è una storia ormai quarantennale, che celebra l’identità del vino di Sicilia, risolutamente anticonvenzionale nel suo ritorno alla tradizione. Anfore, vitigni autoctoni, biodinamica… un progetto visionario per dei vini naturali.
COS, l’amore per i vini siciliani
In una terra disegnata dalle coltivazioni di olive, mandorle e vite, in un clima che rimane splendido lungo tutto l’anno, impregnata di una cultura secolare unica, COS nasce nel 1980 dal progetto di tre giovani appassionati di vino: Giambattista “Titta” Cilia, Giusto Occhipinti e Cirino “Rino” Strano. Ricevuta in affitto una vigna di poco più di 3 ettari dal padre di Giambattista, insieme all’antica cantina di famiglia, in località di Bastonaca, il 5 ottobre i tre amici vendemmiano la loro prima annata. COS – dall’iniziale dei tre cognomi – muove così i suoi primi passi.
Nel 1980, all’alba della loro avventura, sono i più giovani viticoltori italiani. Fra l’83 e l’85 i tre finiscono i loro studi e Cirino, ormai medico, cede la sua parte a sua sorella Giuseppina. Una decina di anni più tardi quest’ultima vende la sua parte a Giambattista e Giusto, i quali restano ancora oggi al timone. Il primo occupandosi delle vinificazioni, il secondo delle vigne e della comunicazione.
Nel 2003, finiti i restauri del caseggiato di Fontane, la sede viene trasferita. Il 2005 è un anno molto importante per COS, perché segna la prima vendemmia in Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
La scelta delle pratiche biodinamiche
È intorno agli anni 2000 che “Titta” e Giusto decidono di coltivare le loro vigne in agricoltura biologica, con forti tendenze biodinamiche. Lontana dalle industrializzazioni intensive che hanno colpito negli anni altri vigneti d’Italia, la Sicilia gode ancora oggi di un terroir relativamente incontaminato. L’obiettivo è dunque qui di conservare l’equilibrio con la natura, mantenere vivo quel legame che da sempre connette gli agricoltori siciliani alla loro terra.
Pionieri nell’utilizzo delle anfore
È negli stessi anni che nasce la curiosità e poi la passione per l’utilizzo delle anfore. Interessato da questo antico (e nuovo) contenitore per l’elaborazione del vino, Giusto decide di partire alla volta della Georgia per apprendere questa tecnica ancestrale. Nel 2000 nasce Pithos, il primo vino interamente fermentato ed affinato in anfore, e l’utilizzo di questo sistema, che dal 2007 rimpiazza definitivamente i fusti in legno, fa di COS un pioniere in Sicilia e in Italia.
Cerasuolo di Vittoria DOCG, Nero d’Avola e biodinamica: i tre pilastri del vigneto di COS
“Chiunque abbia conquistato queste terre ne è rimasto a sua volta conquistato” si legge sul sito di COS, ed è senza dubbio vero. Colonizzata da Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Francesi, Spagnoli, nel corso dei secoli l’isola della Sicilia, nella posizione strategica di centro del Mediterraneo, vede il suo patrimonio storico-culturale arricchirsi di strati, di cui restano segni nell’architettura, le tradizioni, il cibo… COS fa un punto d’onore nel mettere in primo piano la specificità unica della Sicilia, il suo retaggio e il suo potenziale.
La denominazione Cerasuolo di Vittoria DOCG, un grande retaggio viti-vinicolo
La denominazione Cerasuolo di Vittoria ricade nelle tre province adiacenti di Ragusa, Caltanissetta e Catania. Si tratta del lato sud-orientale del triangolo della Sicilia, che occupa un’area di circa 124.500 ettari. I monti Erei costituiscono il limite settentrionale, i monti Iblei quello orientale, il Mar Mediterrano si estende a sud, mentre a ovest si trovano le colline centro-meridionali della provincia di Caltanissetta. Con una varietà di paesaggi che spazia dal mare alla collina, la brezza marina soffia su un territorio baciato dal sole. Così meridionale che si respira profumo di Africa nell’aria…
La viticoltura siciliana risale all’epoca della colonizzazione greca, e in particolare in seguito alla fondazione di Siracusa che diventerà una delle più vaste metropoli dell’Età Classica, mentre dall’occupazione romana il vino siciliano diventa molto apprezzato e bevuto a Roma. Si ritrovano tracce di un’economia basata sulla produzione di vino negli scavi di Pompei, in cui sono state rinvenute anfore vinarie che recano l’iscrizione della loro provenienza, Taormina e Mesopotamio. La ricca e fertile zona della Sicilia tra i fiumi Ippari e Dirillo era, infatti, chiamata Plaga Mesopotamium e coincideva più o meno con l’attuale Cerasuolo di Vittoria. Nel museo archeologico di Kamarina inoltre si possono ammirare le numerose anfore vinarie ritrovate sui fondali vicini.
La fortuna viticola della zona viene avviata grazie all’opera di Vittoria Colonna Henriquez, contessa di Modica, che nel 1606 fonda la città di Vittoria e, per incoraggiarne l’urbanizzazione, offre un ettaro di terreno ai suoi coloni, a patto che questi ne coltivino un altro a vigneto. Da questo momento in poi la viticoltura di questa zona gode di un’età d’ora, grazie alla naturale fertilità del terreno e alla facilità degli sbocchi commerciali garantiti dal porto di Scoglitti. Nell’Ottocento la città di Vittoria è ormai una delle più floride di tutta la Sicilia. Migliaia di ettari vengono riconvertiti da grano a vite, molto più redditizia. La fine del secolo tuttavia porta con sé anche la fine di questa fiorentissima attività. L’epidemia di fillossera che distrugge la vigna alla fine del XIX secolo fa pagare a caro prezzo la scelta monoculturale di tantissimi piccoli proprietari. I grandi proprietari, invece, si riprenderanno grazie ai capitali investiti nei reimpianti con innesto su vite americana, resistente alla fillossera. Nonostante questa crisi, la viticoltura resta un’attività radicata nella tradizione della zona e la storia recente ha visto un’evoluzione molto positiva grazie a produttori che hanno contribuito all’innalzamento del livello qualitativo dei vini. Il riconoscimento ufficiale arriva nel 2005, quando il governo italiano infine stabilisce la DOCG per il Cerasuolo di Vittoria.
I vitigni autoctoni siciliani
COS, con i suoi vini, intende raccontare una storia antica e legata a doppio filo alla terra. Una terra che ospita la viticoltura da sempre, in cui elementi di architettura rurale sono circondati da filari di vite. Essa vanta una serie di vitigni iconici, che sono perciò i protagonisti del vigneto dell’azienda, con il Nero d'Avola e il Frappato in testa.
Particolarmente emblematici sono i vini rossi di COS, che vedono il Nero d’Avola e il Frappato spesso assemblati (il Cerasuolo di Vittoria DOCG, appunto, prevede 50-70% del primo, completato da 50-30% del secondo). Il Nero d’Avola è il vitigno rosso più importante dell’isola ed è originario del siracusano. Esso dona vini di notevole struttura e colore, particolarmente adatti all’invecchiamento. Il Frappato, dal canto suo, è originario proprio della zona di Vittoria. Esso dà vita a vini dai tannini nobili, non molto coloriti, ma di grande struttura e finezza.
Le pratiche biodinamiche e il rispetto del territorio
L’eredità lasciata dal territorio è stata raccolta da COS con “umiltà e trasgressione”. Pionieri e anticonvenzionali, Giambattista Cilia e Giusto Occhipinti scelgono di seguire i principi della biodinamica in un’epoca in cui in Sicilia questi erano perlopiù sconosciuti. Con spirito critico si sono rifatti ad una filosofia in vigna estremamente rispettosa degli equilibri naturali. Inerbimento naturale ogni due filari con grande attenzione alla biodiversità dei luoghi, assenza di pesticidi, fitodepurazione delle acque reflue della cantina, compostaggio dei residui di potatura, vendemmia manuale… sono solo alcune delle soluzioni che vengono utilizzate lungo il corso dell’anno per garantire una coltivazione rispettosa della vita.
Vini naturali e l’utilizzo delle anfore: COS, pionieri di Vittoria
La filosofia in cantina è rigorosamente volta a vinificazioni pure e non invasive. L’obiettivo è di creare vini che si facciano specchio del territorio e delle uve.
Frutto di un blend di 60% di Nero d’Avola e 40% di Frappato, da vigne a 230-250 m s.l.m. di 20-25 anni in media, il Cerasuolo di Vittoria Classico DOCG di COS è un vino portato sulla purezza e la naturalezza. La fermentazione avviene sulle bucce e con l’utilizzo di lieviti indigeni. L’affinamento dura due anni e avviene in botti di Slavonia e bottiglia.
La grande peculiarità dell’azienda agricola COS si trova nel progetto Pithos. 150 anfore di terracotta si trovano oggi nelle cantine di COS, nelle quali Pithos effettua la sua fermentazione, su bucce e lieviti indigeni. Sistema di cui si fa al giorno d’oggi un gran parlare, la fermentazione in anfora è una tecnica estremamente antica di cui si trovano le prime tracce in Georgia. Il loro utilizzo si intensifica in Egitto poi a Creta e in Grecia, nel 3000 a.C, dove prendono inoltre il nome di Pithos. Se in Europa nei secoli queste vengono rimpiazzate dalle botti di legno, in Georgia la tradizione perdura. Così Giusto Occhipinti, dopo il suo viaggio alla scoperta di questa tradizione, e dopo aver deciso di credere in questo progetto, è in Spagna che trova l’artigiano che lo rifornirà.
COS utilizza anfore da 400 litri che, grazie al materiale di cui sono costituite, la terracotta, non alterano il gusto del vino. Il legno, al contrario, aggiunge sempre una nota boisé, che può essere discreta o molto accentuata, a seconda dello stile ricercato. Come il legno, però, la terracotta permette una leggera microssigenazione. COS, per limitare questo fenomeno, interra quasi completamente questi contenitori con un substrato di terra e ghiaia. Come si comprende da tutte queste attenzioni, COS ricerca con le anfore uno stile perfettamente puro.
I vini di COS si presentano, così, schietti e vivaci, che riserveranno grandi soddisfazioni a chi si prenderà il tempo di svelare la loro complessità. Non bisogna lasciarsi spaventare dallo stile biodinamico che si rivela subito all’apertura. Specialmente le annate giovani vorranno sgranchirsi le gambe dopo il tempo passato in bottiglia e non bisogna esitare ad aprirle anche 12-24 ore prima del servizio. Vini tanto complessi quanto la tradizione e la cultura di cui sono retaggio.