Champagne Dom Pérignon
Lo Champagne Dom Pérignon deve il suo nome al famoso monaco e procuratore dell'Abbazia di Hautvillers nel 1668, Pierre Pérignon (noto come Dom Pérignon). Secondo la leggenda, Pierre Pérignon scoprì...Mostra di più
Magnum Dom Pérignon
Cofanetti Dom Pérignon
Dom Pérignon Rosé
Champagne Dom Pérignon: il mito, la storia, l’eccellenza
Due sono i personaggi fondamentali nella storia della maison di Champagne: Dom Pérignon, legato alle origini stesse dello Champagne, e Richard Geoffroy, chef de cave della maison per 29 anni, che ha modellato il volto della marca. Il mito di uno Champagne che si fa interprete della natura…
Dom Pérignon, il padre spirituale dello Champagne
La storia di Dom Pérignon è affascinante e in parte circondata da leggenda. L’identità della marca è indissolubile dalle origini stesse del vino spumante della Champagne.
La vulgata tramanda che il monaco benedettino Dom Pierre Pérignon nel 1668, prendendo funzione come cellerario dell’Abbazia di Hautvillers, su una collina della Valle della Marna, inventa qui quello che viene poi conosciuto in seguito come “metodo champenois” o “metodo classico”. Si tratta del metodo con cui nella regione della Champagne i vini fanno la cosiddetta presa di spuma, ovvero diventano spumanti. Dom Pérignon trasmetterebbe poi la conoscenza a Dom Thierry Ruinart, il quale è alla base della prima vera maison di Champagne, Ruinart, fondata nel 1729. Se è vero che il monaco Dom Pérignon dà un contributo molto importante alla storia degli champagne, sembrerebbe in realtà che non abbia inventato lui i vini spumanti così tipici della regione.
In effetti Dom Périgon cerca semmai di combattere il “fastidioso” fenomeno della produzione di anidride carbonica in bottiglia. Essendo la Marna situata nel nord della Francia – senza dimenticare che la Champagne è una delle regione viticole con una latitudine fra le più elevate al mondo – il clima è qui piuttosto fresco e i vini hanno sempre teso ad avere una leggera effervescenza. Le uve, impiegando più tempo a maturare, vengono vendemmiate relativamente tardi e semplicemente non c’è abbastanza tempo perché i lieviti convertano tutto lo zucchero in alcol prima che l’inverno arrivi e li metta “a dormire”. La primavera, con le sue temperature più elevate, risveglia i lieviti e la fermentazione riparte, producendo effervescenza nelle bottiglie. Bottiglie che all’epoca tendono ad esplodere sotto la pressione dell’anidride carbonica o in cui il tappo rischia continuamente di saltare.
Il fatto che i suoi vini siano spumanti è per Dom Pérignon un incidente che cerca di controllare, piuttosto che incoraggiare. Ciò tuttavia non toglie che egli sia ugualmente il padre spirituale dello Champagne, poiché il suo apporto ai metodi di elaborazione è effettivamente di primaria importanza. Grazie a lui si impara a creare un vino bianco da uve nere; si comprende che in Champagne le uve provenienti da diversi vigneti assemblate insieme danno vita a un vino più equilibrato rispetto a un vino da uve provenienti da un’unica parcella; è lui ad adottare le bottiglie in verre anglais, provenienti dal Regno Unito, più resistenti e capaci di sopportare la pressione che si crea al loro interno; a lui si deve la reintroduzione del tappo di sughero…
Questo “vin de diable” dal temperamento esplosivo diventa, neanche a dirlo, un grande successo alla decadente corte di Versailles. Il vero momento però che dà il segnale di via per il successo mondiale dello Champagne è l’anno 1728, quando Luigi XV toglie il divieto di trasportare vino in bottiglia, ciò che ha sempre trattenuto le vendite di questo vino che, per sua natura, non può essere ciò che è se non in bottiglia.
Inizia così la storia dei vini di Champagne, associati da ora e per sempre ai momenti di gioia e celebrazione.
La nascita dello Champagne Dom Pérignon
Col passare del tempo l’elaborazione degli Champagne si arricchisce di tecniche che rendono la produzione di questi vini un’arte. Le marche di grandi Champagne iniziano a fiorire e fra queste, tra le più antiche e prestigiose, Mercier e Moët et Chandon. La prima cuvée denominata Dom Pérignon è registrata dalla maison Mercier e poi venduta a Moët et Chandon, quando quest’ultima acquisisce la prima. Si tratta dell’annata 1921, considerata leggendaria in Champagne, commercializzata nel 1935 come cuvée di prestigio, pensata come bevanda per far dimenticare, per un’ora o due, cattivi pensieri legati all’ascesa delle dittature fasciste.
Fondata nel 650 dall’arcivescovo di Reims, distrutta e ricostruita a più riprese, riportata in auge da Caterina de Medici, l’Abbazia di Hautvillers ospita per 47 anni l’attività del monaco Dom Pérignon. Essa viene acquistata da Moët et Chandon insieme ai vigneti circostanti e diventa così simbolo e ispirazione per quello che è stato un colpo di mercato eccezionale. A Dom Pérignon, questa figura avvolta da un’affascinante alone di mito, si rende omaggio con uno Champagne che da Londra a New York riscuote un immediato ed eclatante successo. Oggi è parte del gruppo di lusso francese LVMH, insieme a Mercier, Moët et Chandon e altre imprescindibili maison di Champagne come Veuve Clicquot e Krug.
Dom Pérignon e Richard Geoffroy: essere all’altezza di una fama leggendaria
La barra è stata posta molto in alto, ma lo Champagne Dom Pérignon si rivela da subito all’altezza. Servito alle tavole più prestigiose e diventando praticamente un oggetto di culto, il mito della sua eccellenza diventa universale.
È negli anni ’90 che entra in scena l’altro personaggio principale di questa storia. Richard Geoffroy, il cui padre è presidente del sindacato dei viticoltori della Champagne, rifugge le orme paterne per diventare medico. Dopo gli studi però non eserciterà mai, perché tornerà, spinto da una passione inarrestabile, al mestiere della vigna. In seno al gruppo di tenute viticole che in seguito diventerà LVMH, prima parte per la Napa Valley in California, poi per la Yarra Valley in Argentina. A questo punto viene scelto per trasformare la cuvée di prestigio di Moët et Chandon in una maison a sé stante. Parte alla volta di Hautvillers, sulle orme del monaco benedettino, e per quasi trent’anni definisce l’identità della marca in quanto chef de cave. A lui si devono 15 delle annate di Dom Pérignon.
Il 1 gennaio 2019 Richard Geoffroy cede il testimone a Vincent Chaperon, enologo giovane e talentuoso, discepolo e assistente del grande chef de cave da anni. Egli ha raccolto l’arduo compito di mantenere allo stesso livello la qualità degli Champagne della maison, come lo è stato durante l’era Geoffroy.
La perfezione senza compromessi, lo stile Dom Pérignon
Bisogna innanzitutto sottolineare che Dom Pérignon è prodotto solo ed esclusivamente nelle annate eccezionali ed è solo millesimato. Dal 1921 solo una quarantina di vendemmie hanno avuto l’onore di diventare uno champagne millesimato Dom Pérignon – nel nuovo millennio si è avuta una successione senza precedenti di ben cinque millesimati di fila tra il 2002 e il 2006. Se la qualità non rispetta gli standard qualitativi necessari, la maison si prende semplicemente la libertà di non produrre vino per quella vendemmia. Niente al di sotto della perfezione è accettato e la visione è di fare un atto di creazione unico, in grado ogni volta di interpretare perfettamente le caratteristiche dell’annata.
L’assemblaggio degli Champagne Dom Pérignon è creato a partire da un nucleo di vigneti di 9 villaggi: Chouilly, Cramant, Avize e Le Mesnil-sur-Oger per lo Chardonnay, e Aÿ, Bouzy, Mailly, Verzenay e Hautvillers per il Pinot Noir.
Grazie a vinificazioni in acciaio, gli Champagne della casa mantengono uno stile piuttosto riduttivo, con aromi che richiederanno almeno un decennio per svilupparsi appieno, ma con cuvée che possono invecchiare anche più di 20 anni.
Richard Geoffroy crede fortemente nella capacità di evoluzione degli Champagne nel corso del tempo, al punto che i suoi millesimati vengono rilasciati in tre fasi, chiamate Plénitude. La prima release è il Dom Pérignon Vintage, dopo circa 9 anni dalla vendemmia, la seconda, Dom Pérignon P2, dopo 12-15 anni e infine la terza plénitude, Dom Pérignon P3, dopo circa 25 anni. Se gli aromi di frutta secca e cocco sono accompagnati da note floreali nei Vintage, le edizioni P2 tendono a una maggiore pienezza e rotondità, svelando aromi di miele, arance e mandorle tostate. Infine Dom Pérignon P3, grazie al lento lavorio del tempo, pur mantenendo la sua tensione impeccabile, fa mostra di una corposità generosa e un’effervescenza, come sempre, finissima ed elegante.
Dal 1959 si produce anche il Dom Pérignon rosato, pensato per mettere in primo piano l’importanza dei migliori Pinot Neri. I suoi aromi di frutta matura, di fichi, albicocche secche e arance candite seducono il naso. In bocca mostra una bella intensità, con una texture materica e succulenta, conducendo a un finale salino iodato.